n. 3/2014

Franco Scarpelli Il Testo Unico sulla rappresentanza tra relazioni industriali e diritto

Le regole in materia di rappresentanza e contrattazione scaturite dalla firma degli accordi interconfederali unitari dell’ultimo triennio e, come noto, recentemente racchiuse nel c.d. Testo Unico datato 10 gennaio 2014 si prestano ad essere analizzate in due diverse ottiche: quella propria delle relazioni industriali e quella propria dell’ordinamento giuridico. L’A. avverte quindi la necessità, non sempre colta nelle valutazioni degli interpreti, di tenere presente questa diversità di piani, onde poter assegnare un corretto significato agli stessi termini utilizzati dalle parti firmatarie delle intese. Fatte queste premesse, l’A. esamina alcuni aspetti del Testo Unico del 10 gennaio 2014, muovendo dalla questione relativa alla misurazione e certificazione della rappresentanza. A questo riguardo l’A. affronta, anzitutto, il tema della definizione dell’ambito della misurazione della rappresentanza affermando come, nell’ottica delle relazioni industriali e, quindi, diversamente che dalle logiche del giurista positivo, la determinazione delle “categorie” di riferimento non rappresenti un vero problema, essendo infatti tale ambito coincidente con l’area di applicazione dei contratti collettivi sinora stipulati. Per l’A. è semmai discutibile se nell’ambito di misurazione della rappresentanza debbano rientrare i soli lavoratori addetti alle imprese associate alla federazione datoriale di categoria, come probabilmente voluto da Confindustria, ovvero anche i lavoratori addetti alle imprese non associate, come per l’A. sembrerebbe più coerente con lo spirito dell’accordo. L’A. svolge poi alcune osservazioni sul tema della contrattazione collettiva, analizzando, in primo luogo, la disciplina delle clausole di apertura ai soggetti sindacali non firmatari del TU. Secondo l’A. non può condividersi la tesi per cui ai sindacati terzi che aderiscano al sistema delineato dall’intesa sia comunque precluso di partecipare alla contrattazione collettiva nazionale, come potrebbe desumersi dalle ambigue clausole dell’intesa unitaria. In secondo luogo l’A. affronta la questione dell’efficacia dei contratti stipulati in conformità alle disposizioni dell’accordo, avvertendo che simile questione, risolta dal TU ricorrendo a regole ispirate al principio maggioritario, non possa essere correttamente vagliata sulla scorta delle regole dell’ordinamento giuridico e, in particolare, dell’art. 39 Cost. E ciò perché trattasi di regole di fonte convenzionale, inidonee in quanto tali ad attribuire efficacia erga omnes a dei contratti collettivi. Infine l’A. esamina la clausola del TU intervenuta a fornire un criterio di interpretativo dell’art. 19 Stat. lav., sottolineando come, anche su tale questione, l’analisi dell’interprete debba distinguere tra il piano dell’autonomia sindacale e le valutazioni di diritto positivo. Mentre infatti sul piano dell’ordinamento intersindacale la clausola ha il merito, a giudizio dell’A., di interpretare il criterio selettivo dell’art. 19 Stat. lav. secondo una logica promozionale, sul piano dell’ordinamento giuridico statuale la clausola non può impedire l’accesso ai diritti sindacali sulla base di criteri diversi da quello concordato dalle parti e fondati direttamente sull’art. 19.


Franco Scarpelli Industrial Relations and the Law: The Consolidated Act on Union Representation

This paper investigates some aspects of the Consolidated Act of 10 January 2014, starting by the evaluation mechanisms of representation. At the time of measuring union representation, the paper questions whether workers performing their services for employers who are not affiliated with employers’ associations should be included in such an evaluation. Collective bargaining is also examined, particularly the provisions which apply to trade unions which are not signatories to the Consolidated Act. In the author’s words, the thesis according to which signatory trade unions cannot take part in national-level collective bargaining is untenable. The effectiveness of the collective agreements concluded pursuant to the Consolidated Act is also challenged, as this provision is based on the majority principle and might conflict with Article 39 of the Italian Constitution. Finally, some observations are made on the clause of the Consolidated Act laid down to interpret Article 19 of the Workers’ Statute. In this respect, a clear distinction should be drawn between trade union autonomy and positive law.

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