n. 2/2013
Sito: | moodle.adaptland.it |
Corso: | Diritto delle Relazioni Industriali |
Libro: | n. 2/2013 |
Stampato da: | Utente ospite |
Data: | venerdì, 22 novembre 2024, 22:48 |
Sommario
- ABSTRACT
- Franco Carinci Ripensando il “nuovo” articolo 18...
- Marco Ferraresi L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori dopo la riforma Fornero...
- Morley Gunderson Cambiamenti nel mercato del lavoro e...
- Frank Tros La flexicurity in Europa...
- Ulf Rinne, Klaus F. Zimmermann Un altro miracolo economico...
- Werner Eichhorst L’inaspettata nascita di un nuovo modello tedesco
- Francesco Santoni Le metamorfosi dello sciopero politico...
- Thomas A. Kochan Risolvere il paradosso del capitale umano in America...
- Giuseppe Bianchi I patti sociali per la competitività...
INDICE
Ricerche: L’articolo 18 dopo la legge n. 92 del 2012
FRANCO CARINCI Ripensando il “nuovo” articolo 18 dello Statuto dei lavoratori
[abstract]
MARCO FERRARESI L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori dopo la riforma Fornero: bilancio delle prime applicazioni in giurisprudenza
[abstract]
Ricerche: Le prospettive del mercato del lavoro al tempo della crisi: un confronto internazionale e comparato
MORLEY GUNDERSON Cambiamenti nel mercato del lavoro e natura dell’occupazione nei paesi occidentali
[abstract]
FRANK TROS La flexicurity in Europa: può sopravvivere a una doppia crisi?
[abstract]
ULF RINNE, KLAUS F. ZIMMERMANN Un altro miracolo economico? Il mercato del lavoro tedesco e la grande recessione
[abstract]
WERNER EICHHORST L’inaspettata nascita di un nuovo modello tedesco
[abstract]
Interventi
FRANCESCO SANTONI Le metamorfosi dello sciopero politico nella società pluralistica
[abstract]
Relazioni industriali e risorse umane
THOMAS A. KOCHAN Risolvere il paradosso del capitale umano in America: un patto per l’occupazione per il futuro della nazione
[abstract]
GIUSEPPE BIANCHI I patti sociali per la competitività: un confronto tra Italia e Francia
[abstract]
Osservatorio di giurisprudenza italiana
GIUSEPPE MAUTONE Computabilità degli apprendisti ai sensi della legge n. 68/1999 e ai fini dell’assunzione dei lavoratori disabili (nota a App. Brescia 18 ottobre 2012, n. 506)
MATTEO DI FRANCESCO Sul recesso datoriale dal patto di non con-correnza (nota a Cass. 8 gennaio 2013, n. 212)
GIOVANNI BATTISTA PANIZZA Il regime indennitario dell’articolo 32, comma 5, legge n. 183/2010, è applicabile alle ipotesi di lavoro temporaneo illegittimo e, quindi, anche alla sommini-strazione a termine irregolare (nota a Cass. 17 gennaio 2013, n. 1148)
VALERIA PIETRA Clausole di contingentamento nel lavoro temporaneo e regime sanzionatorio (nota a Cass. 10 aprile 2012, n. 5667)
SERENA FACELLO Tirocini formativi e di orientamento: l’intervento della Consulta e l’adozione delle linee guida (nota a C. cost. 19 dicembre 2012, n. 287)
Osservatorio di legislazione, prassi amministrative e contrattazione collettiva
PAOLA DE VITA L’apprendistato nella Regione Veneto: un modello di riferimento
MICHELE SQUEGLIA I segnali di un rinnovato interesse sul contratto di solidarietà espansivo: le esperienze Ifoa ed Isola Verde Erboristerie
LORENZO LAMA Rinnovo elettrici: potenziato il ruolo della contrattazione aziendale
PIER LUIGI RAUSEI Il potere di diffida accertativa
MICHELE TIRABOSCHI Tirocini: la certificazione come soluzione ri-spetto alle troppe incertezze e ai tanti abusi
Osservatorio di giurisprudenza e politiche comunitarie del lavoro
ROBERTO COSIO La competenza della Corte di giustizia in merito all'obbligo di consultazione dei rappresentanti dei lavoratori nel contesto di un licenziamento collettivo (nota a C. giust. 18 ottobre 2012, C-583/10)
ANNALISA GRIECO Il diritto alle ferie e il principio del pro rata temporis secondo la Corte di giustizia. Lo stato dell’arte della giurisprudenza comunitaria sul diritto al riposo annuale (nota a C. giust. 8 novembre 2012, cause riunite C-229/11 e C-230/11)
Sull’applicabilità della direttiva 2000/78/CE alle disposizioni nazionali sulla concessione di un sussidio statale ai funzionari in caso di malattia (nota a C. giust. 6 dicembre 2012, cause riunite C-124/11, C-125/11 e C-143/11)
Osservatorio internazionale e comparato
CARLA GULOTTA Profili internazionalistici del temporary management: tra libertà di prestazione dei servizi e prospettive di autoregolamentazione
GABRIELE GAMBERINI Politiche attive per i giovani e “lavoro senza contratto” nel Regno Unito, tra pragmatismo e legalità (nota a Reilly & Wilson v. Secretary of State for Work and Pensions [2013] EWCA Civ 66)
Franco Carinci Ripensando il “nuovo” articolo 18 dello Statuto dei lavoratori
Nella stagione attuale, definita di “diritto liquido”, nell’interpretazione della legge, la “intenzione del legislatore” deve recuperare una sua importanza a scapito di una ratio, la cui scarsa intelligibilità si presta a rischiose manipolazioni. Con la l. n. 92/2012 ritorna la scelta per una riduzione della discrezionalità del giudice, obiettivo che può essere perseguito per il tramite di un testo di legge dalla finalità chiara e da una lettera trasparente. Alla luce di tali premesse l’A. individua il primo banco di prova della riforma Fornero in rapporto alla sua applicabilità o meno al pubblico impiego privatizzato. L’A. sostiene che la politica del diritto sottesa si situa nell’alveo della legislazione precedente, ma con un testo più “pasticciato”. Il “pasticcio” non è cosa irrilevante, tanto da aver determinato una vera e propria querelle interpretativa di non poco conto circa la portata di quanto statuito dall’art. 1, comma 7, della l. n. 92/2012. Argomenta, poi, approfonditamente, la propria posizione in ordine all’applicabilità o meno dell’art. 18 St. lav., nuovo testo, al lavoro pubblico privatizzato, dove, peraltro, sottolinea l’inscindibilità degli aspetti sostanziali e processuali: i commi 42 e 47 ss. dell’art. 1 simul stabunt et simul cadent, e ciò non sarebbe messo in dubbio dai sottili argomenti formali avanzati da più parti e puntualmente riportati nel testo. Nel contributo l’A. sottolinea anche alcuni aspetti-chiave del “nuovo” art. 18 Stat. Lav., discendenti da quella che definisce una formazione a stratificazione successiva, quali: la svalutazione del vizio formale e procedimentale, la valutazione del vizio sostanziale in termini di “scusabilità dell’errore del datore” e la tendenziale conversione della reintegra da regola aurea esclusiva ad eccezione. Analizza, infine, le singole fattispecie di licenziamento, con particolare riferimento all’ipotesi di licenziamento discriminatorio e per giustificato motivo oggettivo.
Franco Carinci Rethinking Article 18 of the Workers’ Statute
In a time in which attempts have been made to make law more comprehensible – so-called “liquid law” – the intention of the legislation should be given priority all the same, for taking account of the purpose of the norm only might give rise to forms of manipulation. In going through Act No. 92/2012, the proposal to place a limit to the discretion of the judge comes to the fore again. Yet this objective might be fulfilled by making use of clear and unambiguous wording during the process of law-making. In this sense, the implementation of Act No. 92/2012 in the public sector might represent a valuable test case. In the author’s words, the recently-issued provision draws on previous legislation, yet its language is more opaque and caused major issues in terms of interpretation, particularly with regard to Art 1. Subsequently, the paper discusses the position of the author on the possible implementation of Art. 18 of the Workers’ Statute, primarily with reference to the privatization of the public sector and the inseparable nature of certain substantial and procedural matters. The paper goes on to highlight some key points of Art. 18 of the Workers’ Statute, the result of a “stratified” law-making process: the disregard for procedural and formal flaws, the evaluation of substantive flaws considering the extent to which the employer can be justified, and the tendency to regard reinstatement as common practice. Finally, an overview is provided of the different types of dismissal, with special reference to dismissals for justified objective reasons.
Marco Ferraresi L’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori dopo la riforma Fornero: bilancio delle prime applicazioni in giurisprudenza
Dalle pronunce dei giudici del lavoro in tema di licenziamento, emesse successivamente alla c.d. riforma Fornero, emergono prime interpretazioni delle relative disposizioni sostanziali e processuali. I nodi ermeneutici subito evidenziati in dottrina a ridosso della riforma trovano puntuale riscontro in queste decisioni. Il presente contributo offre una rassegna delle prime soluzioni applicative.
Marco Ferraresi Art. 18 of the Workers’ Statute after Act No. 92/2012 and its Interpretation in Case law. A Preliminary Assessment
This paper supplies an analysis of the case law interpretations concerning dismissals, by going through the decisions handed down by the employment tribunals following the enforcement of Act No. 92/2012. The complexities in terms of interpretation previously pointed out by legal opinion are further upheld by the foregoing rulings. In this connection, an attempt is made over this paper to provide an overview of the main implementing measures.
Morley Gunderson Cambiamenti nel mercato del lavoro e natura dell’occupazione nei paesi occidentali
Nei Paesi occidentali industrializzati, il diritto del lavoro risale generalmente ad un’epoca in cui la natura del lavoro era molto diversa rispetto al presente. Il lavoro era prevalentemente ad appannaggio maschile, caratterizzato da attività manuali manifatturiere svolte presso il medesimo luogo di lavoro per tutto l’arco della vita, e dove i lavoratori godevano di determinate tutele, quali il salario minimo, garantite dai contratti collettivi e dalla legislazione, che definiva determinati standard occupazionali e dove i governi avevano il potere di promuovere in maniera discrezionale iniziative legislative in materia. Il nuovo mondo del lavoro è, come vedremo, molto diverso. In tale contesto pare difficile che le regolazioni del passato relative al vecchio mondo del lavoro si rivelino adeguate anche al contesto attuale. Lo scopo del presente contributo è quello di delineare la natura dei cambiamenti intervenuti nel mercato del lavoro e nell'occupazione nei Paesi industrializzati e le relative ripercussioni sulla regolamentazione del lavoro. Si analizzerà in particolare il contesto canadese, in quanto Paese di residenza dell’autore. L’esperienza canadese, potrebbe, tuttavia, essere interessante anche in una prospettiva più ampia, in quanto il Canada si colloca spesso in posizione intermedia tra i sistemi meno regolamentati, come gli Stati Uniti, e quelli a maggiore regolazione, come l’Europa. L’analisi verrà sviluppata dalla prospettiva dell’economia neoclassica di mercato, in virtù della formazione economica dell’autore.
Morley Gunderson Changes in the Labor Market and the Nature of Employment in Western Countries
The labor policies of Western developed countries were generally established in an earlier era when the nature of work was quite different than it is today. The old world of work was generally characterized as male-dominated involving blue-collar manufacturing jobs in a fixed worksite with life-time jobs often protected by a tariff as well as a collective agreement or employment standards legislation established and monitored by governments that had the power and discretion to enforce regulatory initiatives. As to be discussed in more detail, the new world of work is vastly different. In such circumstances, it would be surprising if the labor regulations previously established for the old world of work were appropriate and relevant to the new world of work. The purpose of this paper is thus to outline the nature of changes in the labor market and employment in Western developed countries that have important implications for labor regulation. Reflecting the geographic location of the author, emphasis is placed on Canadian material. This may be of more gen-eral interest because Canada is often regarded as “in-between” the less intensive regulated regime of the United States (U.S.) and the more extensive regulatory regimes of Europe. And reflecting the author’s professional training in the “dismal science”, this paper also brings to bear on the issues a neoclassical economics market-oriented perspective.
Frank Tros La flexicurity in Europa: può sopravvivere a una doppia crisi?
La domanda centrale in questo articolo è se la flexicurity, quale linea guida per la modernizzazione del diritto del lavoro, delle politiche occupazionali e delle misure di welfare nei paesi europei, possa sopravvivere alla doppia crisi economica e concettuale. Il concetto di flexicurity ha le sue radici nella ridefinizione dell’idea che gli investimenti nelle politiche sociali costituiscano un fattore economico della produzione. La crisi economico-finanziaria globale ha messo in discussione questo assunto. I bilanci pubblici per le politiche attive del mercato del lavoro, l’istruzione per giovani e anziani, gli standard di protezione del reddito sono diventati a rischio, come pure gli investimenti privati in pratiche sostenibili di gestione delle risorse umane, i fondi delle imprese e i fondi collettivi per la formazione. L’altra crisi a cui l’A. fa riferimento è che il concetto stesso di flexicurity è in crisi. Sempre più accademici, politici e organizzazioni sindacali stanno formulando critiche sostanziali sulla mancanza di teoria che sottende al concetto di flexicurity, sulla natura indefinita del concetto stesso, sulla mancanza di un punto di vista condiviso tra le parti sociali e sull’evidenza che il concetto si è sviluppato in modo sbilanciato verso la flessibilità, con minori garanzie per la sicurezza dei lavoratori. La combinazione della crisi economica e concettuale rafforza il rischio di ulteriore erosione dell’elemento sicurezza nelle politiche e pratiche della flexicurity. La domanda cruciale è se esista una vera alternativa alla flexicurity. Concetti alternativi, basati su una sola dimensione, probabilmente non possono raggiungere un approccio integrato e sostenibile che porti sui tavoli di negoziazione gli interessi sia datoriali che dei lavoratori. Per poter dare una risposta a questa domanda, l’A. valuta criticamente alcune politiche di risposta alla crisi economico-finanziaria in Stati membri dell’Unione europea che riflettono un approccio di flexicurity: Svezia, Belgio, Germania, Olanda e Regno Unito.
Frank Tros Flexicurity in Europe: can it survive a double crisis?
The central question in this article is if the flexicurity – as a guideline for modernizing labour law, employment policies and welfare provisions in the European countries – can survive the economic and conceptual double crisis. The concept of flexicurity is rooted in the re-assessment of the idea that investments in social policy constitute an economic production factor. The global financial-economic crisis has put clear pressure on this condition. The public budgets on active labour market policies, education for young and old, and standards in income security have become in danger. Furthermore, the private investments in sustainable HRM-practices and education funds by companies and collective funds are easily victims of cost cutting.
The other crisis that is mentioned in the title of this article, refers to the fact that the concept of flexicurity “in itself” is in crisis. More and more academics, politicians and trade unions are formulating fundamental critics on the lack of theory underlying the concept, on its limits regards to a joint view among social partners and on the evidence that the concept is implemented in an unbalanced way towards flexibility with less guarantees on security for workers. The combination of the economic and conceptual crises re-inforces the risks of further erosion of the security element in flexicurity policies and practices. The crucial question nowadays is whether a real alternative to flexicurity exists. Alternative concepts, merely focusing on one dimension, can probably not achieve an integrated and sustainable approach that put both interests of employers and workers towards the negotiation tables. In order to give an answer to this central question, this ar-ticle evaluates critically some new or intensified policies as response to the financial/economic crisis in the EU member states that reflect a flexicurity approach: Sweden, Belgium, Germany, The Netherlands and the UK.
Ulf Rinne, Klaus F. Zimmermann Un altro miracolo economico? Il mercato del lavoro tedesco e la grande recessione
Il mercato del lavoro tedesco ha reagito moderatamente alla grande recessione. Tale sorprendente reazione viene considerata un nuovo miracolo economico” in quanto di miracolo si parlò anche in riferimento all'eccezionale boom economico di cui la Germania fu protagonista nel dopoguerra, dal quale usciva gravemente danneggiata, e nonostante dovesse confrontarsi con la più rapida crescita delle economie dei restanti paesi. Durante la grande recessione, mentre la produzione della Germania è stata colpita piuttosto duramente, rispetto, ad esempio, a quella di Stati Uniti e Gran Bretagna, la crisi non si è mai tradotta in un peggioramento della disoccupazione. L’A. si propone di analizzare il caso dello stato tedesco e, in particolare, i fattori che hanno contribuito alla realizzazione del miracolo economico della Germania: la forte posizione economica raggiunta grazie alle recenti riforme del mercato del lavoro, il fatto che la crisi abbia colpito soprattutto le compagnie orientate alle esportazioni, l’estensione del lavoro a tempo parziale, il comportamento delle parti sociali, gli stabilizzatori automatici e il labor hoarding. Inoltre, l’A. sottolinea l’importante interazione tra lavoro a orario ridotto e carenza a lungo termine di manodopera qualificata nei settori particolarmente toccati dalla crisi, e si prefigge anche di capire se tale situazione possa essere riproducibile in altri ambienti, nonostante una serie di fattori istituzionali potrebbe rendere difficile tale procedimento. Individua, infine, le sfide future del mercato del lavoro tedesco.
Ulf Rinne, Klaus F. Zimmermann Another economic miracle? The German labor market and the Great Recession
The German labor market has reacted mildly to the Great Recession. This surprising reaction is considered a “new economic miracle” as a miracle was said in reference to the exceptional economic boom of which Germany was the protagonist in the postwar period, despite Germany was severely damaged and had to deal with the more rapid growth of economies of other countries. During the Great Recession, while production in Germany has been hit pretty hard, compared to, for example, United States and Great Britain economies, the crisis has never resulted in a worsening unemployment. The article aims to analyze the case of the German state and in particular the factors that have contributed to the economic miracle of Germany's strong economic position achieved thanks to recent reforms of the labor market, the fact that the crisis has mainly affected export-oriented companies, the extension of short-time work, the behavior of the social partners, the automatic stabilizers and labor hoarding. In addition, the article highlights the important interaction between work-time and long-term shortage of skilled labor in sectors particularly affected by the crisis, and also seeks to understand whether this situation can be reproduced in other environments, despite a serious institutional factors may make it difficult for such proceedings. It identifies, in the end, the future challenges of the German labor market.
Werner Eichhorst L’inaspettata nascita di un nuovo modello tedesco
Molti stati dell’Europa continentale hanno subito sostanziali modifiche nel modello del loro mercato del lavoro o sistema di welfare negli ultimi due decenni. Il sistema è passato da anni in cui il tasso di popolazione attiva era basso e non sussistevano disuguaglianze nelle condizioni di lavoro a un’epoca in cui l’offerta di lavoro è molto più alta, ma la deregolazione del mercato ha portato ad elevate disuguaglianze tra lavoratori standard e non standard. L’A. analizza come la Germania abbia affrontato, oltre a questo cambiamento, le difficoltà connesse alla globale crisi economica dell’ultimo periodo, prendendo a riferimento il settore manifatturiero e il settore dei servizi che ha registrato un elevato tasso di creazione di nuovi posti di lavoro. In particolare, per comprendere la tenuta del sistema tedesco bisognerà andare oltre l’analisi delle modifiche normative intervenute e tenere in debito conto l’effetto dell’adattamento delle scelte comportamentali degli attori del mercato alla nuova situazione economica.
Werner Eichhorst The unexpected appearance of a new German model
Most Continental European labour markets and welfare states underwent a substantial transformation over the last two decades moving from a situation of low employment and limited labour market inequality to higher employment, but also more inequality. Germany is a case in point as it exhibits growing employment figures and growing shares of low pay and non-standard work. Furthermore, the German labour market has been remarkably resilient during the recent crisis. Changes in labour market institutions such as unemployment benefits, active labour market policies and employment protection play a major role, but changes in industrial relations at the sectorial level and individual firms’ staffing practices are equally important in explaining actual labour market outcomes. Regarding labour market institutions, the pattern found in Germany shows sequences of de-regulatory and re-regulatory reforms of employment protection and in-creasing or decreasing unemployment benefit generosity, both mostly addressing the margins of the labour market, i.e. “outsiders”, and contributing to a growing dualisation of the employment system. This dualisation trend was reinforced by micro-level dynamics in industrial relations and company employment practices where we can observe growing reliance on mechanisms of internal flexibility for the skilled core work force and increasing use of non-standard types of employment in less specifically skilled occupations.
Francesco Santoni Le metamorfosi dello sciopero politico nella società pluralistica
L’A. affronta il tema dello sciopero politico con particolare riferimento ai profili della c.d. metamorfosi dei conflitti collettivi e della legittimità delle azioni sindacali contestative con finalità essenzialmente politiche, anche alla luce delle molteplici forme di mobilitazione dei gruppi sociali organizzati. In primo luogo, l’A. ricorda la distinzione interpretativa, definita “prudente”, tra sciopero politico-puro e sciopero economico-politico, fornita dalla Corte costituzionale, evidenziando come, diversamente, il legislatore nel regolare lo sciopero, in particolare nei servizi pubblici essenziali, non abbia invero tenuto in debito conto le indicazioni fornite dalla stessa Corte. Rileva sempre l’A. che la l. n. 146/1990 ha essenzialmente regolato i conflitti per così dire riconducibili per lo più a rivendicazioni di natura contrattuale e che l’unica indicazione normativa, presente nella l. n. 146/1990, riferibile ad una rivendicazione con finalità meramente politiche, è costituita dalla disposizione che regola i casi di astensione dal lavoro in difesa dell'ordine costituzionale o di protesta per gravi eventi lesivi dell'incolumità e della sicurezza dei lavoratori. Così facendo, secondo l’A., alla distinzione sciope-ro politico-economico e sciopero politico-puro si aggiunge la definizione di sciopero in difesa dell’ordine costituito, connotato da una esplicita finalità di sostegno alle stesse strutture governative e parlamentari. In sostanza così facendo si conferma la c.d. metamorfosi dello sciopero politico, caratterizzata dal capovolgimento dell’originaria prospettiva della sua funzione meramente contestativa, e ciò in quanto il diritto al conflitto viene così considerato non tanto nella forma di una possibile resistenza dei lavoratori nei confronti del potere costituito, quanto, invero, uno strumento per la partecipazione istituzionale del sindacato e dei lavoratori al sostegno dell’azione legislativa e di governo dello Stato. Sempre l’A. si sofferma poi sull’estensione del riconoscimento del diritto di autotutela anche ai piccoli esercenti industrie e commerci senza lavoratori alle proprie dipendenze, per rimarcare il superamento della concezione tradizionale dello sciopero come strumento di autotutela in funzione rivendicativa di interessi meramente contrattuali. Infine l’A. è poi tornato sul tema della titolarità, individuale o collettiva, del diritto di sciopero, chiarendo che l’ordinamento giuridico riconosce e garantisce i comportamenti conflittuali in capo ai soggetti che concretamente lo esercitano e che quindi titolare del diritto non può che essere l’autore di quello stesso comportamento, essendo peraltro colui che direttamente ne sopporta le conseguenze sul piano contrattuale ed extracontrattuale.
Francesco Santoni The Metamorphosis of Political Strikes in a Pluralistic Society
The author addresses the issue of political strikes, with special reference to the changes taking place in collective labour disputes and the legitimacy of industrial action for political purposes, primarily in the light of the various forms of mobilization which characterised organized social groups. First, the paper points to the distinction between pure political strike and economic-political strike provided by the Constitutional Court – which is defined by the author as “prudent”. In this sense, the regulation governing the right to strike – above all in the essential public services – seems to disregard the distinction laid down by the Courts. In the author’s words, Act No. 146/1990 mainly regulates those disputes arising from contractual claims, while the only reference to political claims can be found in the provision governing cases of absence from work in defence of the constitutional order or as a form of protest for events threatening workers’ life and safety. A point is made that in addition to the distinction between economic-political and pure political strikes, a new form of strike should be considered – i.e. that in defence of the established order – which openly supports the action taken by both Government and Parliament. This aspect is illustrative of the changes undergone by political strikes, for a reversal of its original function is currently underway. Indeed, the right to organise is no longer viewed as workers’ resistance against the ruling power, but rather as a tool to ensure the participation of trade unions and workers in law and decision-making. Subsequently, the focus turns to extending the right to self-representation to individual entrepreneurs with no employees in the manufacturing and trade sectors, in order to overcome the traditional view of strikes as a means to defend contractual interests on an exclusive basis. Finally, the author questions whether the right to strike is a collective or an individual one. In this sense, he makes a point that the law usually acknowledges this right to those who effectively exert it. As a result, the right holder will be the one to be subject to both contractual and non-contractual liability as a result of his/her conduct.
Thomas A. Kochan Risolvere il paradosso del capitale umano in America: un patto per l’occupazione per il futuro della nazione
A fronte di un diffuso consenso attorno all’idea che il capitale umano debba rappresentare la chiave per rendere l’economia americana competitiva e supportare una migliore e crescente qualità della vita, l’A. evidenzia come, di fatto, l’economia del Paese sottovaluta il fattore lavoro, il ruolo delle istituzioni, delle politiche e delle azioni necessarie per tradurre in realtà la retorica sull’importanza del capitale umano. L’A. individua nel fallimento del mercato del lavoro e delle istituzioni che lo regolano la causa principale di un siffatto livello di sottovalutazione della rilevanza del capitale umano. Al fine di risolvere tale paradosso, ed evitare che l’attuale crisi occupazionale possa estendersi indefinitamente aggravando il processo di erosione degli standard di vita delle attuali generazioni di americani e di quelle future, l’A. ritiene necessario un intervento di tipo sistemico che determini una serie di cambiamenti nelle politiche, nelle strategie, nei rapporti di potere e nelle norme che governano il mercato del lavoro. In tale prospettiva, l’A. tenta di tracciare una strategia, indicando un nuovo approccio per far fronte al fallimento del mercato e delle sue istituzioni. L’A. ritiene essenziale un’interazione tra i quattro principali stakeholders del mercato del lavoro – le aziende, i lavoratori, il sistema educativo e il governo – con l’obiettivo di giungere a un patto per l’occupazione di lungo periodo per l’America, capace di supportare la creazione dei posti di lavoro necessari a colmare il deficit occupazionale e sostenere la crescita della forza lavoro.
Thomas A. Kochan Resolving America’s Human Capital Paradox: A Jobs Compact for the Future
It is widely recognized that human capital is essential to sustaining a competitive economy with high and rising living standards. Yet acceptance of persistent high unemployment, stagnant wages, and other indicators of declining job quality suggest that policymakers and employers undervalue human capital. This paper traces the root cause of this apparent paradox to the primacy afforded to shareholder value over human resources in American firms and the longstanding gridlock on employment policy. The author advocates a new jobs compact to make up for the loss of jobs in the recession and to achieve sustained real wage growth.
Giuseppe Bianchi I patti sociali per la competitività: un confronto tra Italia e Francia
L’A. analizza i patti sociali per la competitività del sistema produttivo, in un confronto tra Francia e Italia, comparando gli accordi ed evidenziando la divergenza dell’ambito operativo. A fronte del patto francese, che si pone l’obiettivo di fornire in modo organico un quadro generale di interventi connessi alla crescita della competitività, quello italiano si focalizza sull’attribuzione di un maggior potere contrattuale alle rappresentanze decentrate, sulla flessibilizzazione delle regole contrattuali e sulla misura di defiscalizzazione parziale del salario di produttività. L’A. evidenzia come la diversità dei contenuti sia dettata, anzitutto, dal panorama economico e sociale nel quale tali accordi hanno preso forma. Da un lato, il contesto francese caratterizzato da una stabilità governativa e da una, seppur debole, crescita economica, dall’altro, la situazione di affanno della politica e dell’economia italiana. Inoltre, l’A. segnala come tale divergenza sia connessa al sistema delle rappresentanze. I sindacati francesi appaiono dotati di maggior influenza politica, ma caratterizzati da una scarsa capacità di coinvolgimento dei lavoratori rispetto alle associazioni italiane. L’A. si sofferma, in conclusione, sugli elementi di comunanza degli accordi, valutando positivamente la centralità della competitività, qualificata quale obiettivo centrale per la crescita economica ed occupazionale, perseguibile, in particolare, mediante lo sviluppo della contrattazione collettiva a livello decentrato, e segnalando l’aspetto problematico connesso alla verifica del conseguimento del fine prefissato.
Giuseppe Bianchi Social Pacts on Competitiveness: A Comparison between Italy and France
This paper provides a comparative analysis of so-called Social Pacts – i.e. agreements regulating special issues – as laid down in France and Italy, pointing out their major differences. In France, these agreements are intended to provide a unitary set of measures in order to boost competitiveness. To the contrary, the social pacts implemented in Italy are regarded as a tool to provide more bargaining power to local representative bodies, as well as to promote more flexible contractual terms and remove – yet partly – the tax burden on performance-based pay. In the author’s view, the differences in terms of content between the agreements implemented in the two countries surveyed are to be ascribed to distinct social and economic conditions. It is highlighted that France is marked by political stability and steady – albeit slow – economic growth. Conversely, Italy is characterized by a stalemate situation in political terms. Major differences arise also if one looks at the national systems of representation. For example, French trade unions are more influential, yet they have limited capacity when it comes to workers’ involvement. The paper concludes with some reflections on certain aspects which are given priority by both agree-ments. Among others is competitiveness – regarded as the main tool for economic growth and employment – which can be accomplished only by reviving decentralized bargaining.