Franco Carinci Ripensando il “nuovo” articolo 18 dello Statuto dei lavoratori


Nella stagione attuale, definita di “diritto liquido”, nell’interpretazione della legge, la “intenzione del legislatore” deve recuperare una sua importanza a scapito di una ratio, la cui scarsa intelligibilità si presta a rischiose manipolazioni. Con la l. n. 92/2012 ritorna la scelta per una riduzione della discrezionalità del giudice, obiettivo che può essere perseguito per il tramite di un testo di legge dalla finalità chiara e da una lettera trasparente. Alla luce di tali premesse l’A. individua il primo banco di prova della riforma Fornero in rapporto alla sua applicabilità o meno al pubblico impiego privatizzato. L’A. sostiene che la politica del diritto sottesa si situa nell’alveo della legislazione precedente, ma con un testo più “pasticciato”. Il “pasticcio” non è cosa irrilevante, tanto da aver determinato una vera e propria querelle interpretativa di non poco conto circa la portata di quanto statuito dall’art. 1, comma 7, della l. n. 92/2012. Argomenta, poi, approfonditamente, la propria posizione in ordine all’applicabilità o meno dell’art. 18 St. lav., nuovo testo, al lavoro pubblico privatizzato, dove, peraltro, sottolinea l’inscindibilità degli aspetti sostanziali e processuali: i commi 42 e 47 ss. dell’art. 1 simul stabunt et simul cadent, e ciò non sarebbe messo in dubbio dai sottili argomenti formali avanzati da più parti e puntualmente riportati nel testo. Nel contributo l’A. sottolinea anche alcuni aspetti-chiave del “nuovo” art. 18 Stat. Lav., discendenti da quella che definisce una formazione a stratificazione successiva, quali: la svalutazione del vizio formale e procedimentale, la valutazione del vizio sostanziale in termini di “scusabilità dell’errore del datore” e la tendenziale conversione della reintegra da regola aurea esclusiva ad eccezione. Analizza, infine, le singole fattispecie di licenziamento, con particolare riferimento all’ipotesi di licenziamento discriminatorio e per giustificato motivo oggettivo.


Franco Carinci Rethinking Article 18 of the Workers’ Statute

In a time in which attempts have been made to make law more comprehensible – so-called “liquid law” – the intention of the legislation should be given priority all the same, for taking account of the purpose of the norm only might give rise to forms of manipulation. In going through Act No. 92/2012, the proposal to place a limit to the discretion of the judge comes to the fore again. Yet this objective might be fulfilled by making use of clear and unambiguous wording during the process of law-making. In this sense, the implementation of Act No. 92/2012 in the public sector might represent a valuable test case. In the author’s words, the recently-issued provision draws on previous legislation, yet its language is more opaque and caused major issues in terms of interpretation, particularly with regard to Art 1. Subsequently, the paper discusses the position of the author on the possible implementation of Art. 18 of the Workers’ Statute, primarily with reference to the privatization of the public sector and the inseparable nature of certain substantial and procedural matters. The paper goes on to highlight some key points of Art. 18 of the Workers’ Statute, the result of a “stratified” law-making process: the disregard for procedural and formal flaws, the evaluation of substantive flaws considering the extent to which the employer can be justified, and the tendency to regard reinstatement as common practice. Finally, an overview is provided of the different types of dismissal, with special reference to dismissals for justified objective reasons.

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