Djamil Tony Kahale Carrillo Le nuove metodologie per l’insegnamento universitario che studiano le attuali trasformazioni del lavoro

Il n. 4, marzo-aprile 2018 della rivista Professionalità studi reca il titolo Nuove metodologie per l’insegnamento universitario delle discipline giuridico-economiche, psicologiche, sociologiche e pedagogiche che studiano le trasformazioni attuali del lavoro. Con la Call for papers che ha portato alla realizzazione del presente numero, ci si è prefissi l’obiettivo di mettere in luce l’importante funzione sociale che svolgono le istituzioni formative, chiamate oggi a mutare approcci e metodologie a fronte alle trasformazioni che interessano il mondo del lavoro e la società. Il rinnovamento delle metodologie formative, come è noto, è al centro delle iniziative delle istituzioni europee in quest’ambito. Lo Spazio europeo dell’istruzione superiore (EHEA) è un sistema educativo europeo di qualità che si propone di favorire crescita economica, competitività internazionale e coesione sociale facendo perno sui pilastri dell’educazione, della formazione dei cittadini lungo tutto l’arco della vita e sulla loro mobilità. Uno dei suoi principali obiettivi, pertanto, è quello della promozione della cooperazione europea in materia di garanzia di qualità e sviluppo di criteri e metodologie comparabili, in cui l’insegnamento sia intrinsecamente caratterizzato da un buon livello di qualità. Il docente, in questi termini, dovrà saper cogliere la sfida di de-ineare la modalità e la metodologia più adeguata affinché l’alunno possa acquisire le competenze di apprendimento che si prefigge di rag-giungere. L’ambito del “mercato del lavoro”, delle “relazioni di lavoro” e delle “relazioni industriali” è particolarmente sensibile alla necessità di un rinnovamento delle metodologie didattiche, poiché tradizionalmente caratterizzato dalla convergenza di interessi da parte di diversi settori disciplinari: “diritto”, “psicologia”, “sociologia”, “gestione della conoscenza”, “statistica”, “risorse umane”, “economia”, tra le altre. L’obiettivo di questa call, da me coordinata, è stato, dunque, quello di invitare esponenti di tutte le discipline che si occupano di questi temi a condividere esperienze e riflessioni. Si è dato in particolare spazio a contributi di indagine su come cambia l’insegnamento delle discipline che studiano il “mercato del lavoro”, le “relazioni di lavoro” e le “relazioni industriali” alla luce delle trasformazioni in atto, con particolare riferimento alla importanza della interdisciplinarietà e del confronto con le dinamiche “reali” del mondo del lavoro. Sono stati raccolti, inoltre, contributi che danno conto di sperimenta-zioni di esperienze di didattica innovativa in tutti gli ambiti disciplinari che si occupano di questi temi. Nello specifico, hanno partecipato pro-fessori di nazionalità spagnola, italiana, inglese e cilena, provenienti dalla Universidad a Distancia de Madrid, Universidad Europea de Ma-drid, Universidad Central de Chile, Middlesex University, Università degli Studi di Bergamo e Università di Modena e Reggio Emilia. Stante questo contesto, il primo studio, dal titolo Metodología para la enseñanza universitaria del Derecho del Trabajo, realizzato dalla professoressa Aránzazu Roldán Martínez della Universidad Europea de Madrid, scioglie il nodo di quale sia la missione che le facoltà di giurisprudenza sono chiamate a svolgere in un mondo in cui lavoro e società stanno sperimentando profonde trasformazioni. Vengono così esposte le metodologie adottate nella didattica dei tre insegnamenti relativi all’area del diritto del lavoro, per raggiungere l’obiettivo che gli alunni “imparino ad imparare” e acquisiscano le competenze che si richiedono al giurista del XXI secolo. Il secondo studio, dal titolo La implantación de las nuevas tecnologías en la enseñanza del Derecho del Trabajo y de la Seguridad Social è stato realizzato dal sottoscritto, Djamil Tony Kahale Carrillo, docente della Universidad a Distancia de Madrid (UDIMA). La ricerca mette in luce come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione svol-gano un ruolo di grande rilievo per l’insegnamento nell’ambito dello Spazio europeo dell’istruzione superiore, in cui lo studente diventa soggetto attivo e protagonista del proprio processo formativo. Obiettivo del presente studio è stato, dunque, analizzare gli strumenti tecnologici suscettibili di essere applicati nel processo di insegnamento-apprendimento a distanza con riferimento al diritto del lavoro e alla previdenza sociale. Il successo o il fallimento delle innovazioni educative dipende, in larga misura, dal modo in cui i diversi attori coinvolti nel processo educativo interpretano, ridefiniscono, selezionano e modellano i cambiamenti proposti dallo Spazio europeo dell’istruzione superiore. Affinché l’esito sia positivo, è necessario che l’insegnante possegga una serie di competenze, tali da poter gestire correttamente ogni fase del processo di insegnamento-apprendimento. Questo richiede, da una parte, una nuova riflessione generale sull’insegnamento e l’apprendimento degli studenti; e, dall’altra, un ripensamento degli strumenti didattici e formativi basati sui nuovi strumenti metodologici presentati nel presente articolo. Il terzo studio, dal titolo Creación de un cuestionario para evaluar la comprensión de los conceptos estadísticos básicos en función de la vía de acceso de los estudiantes de la asignatura de Estadística del Grado en Ciencias del Trabajo, Relaciones Laborales y Recursos Humanos, è stato elaborato dalle professoresse María José Pérez-Fructuoso, Vanessa Fernández Chamorro e Sonia Pamplona Roche, tutte appartenenti alla Universidad a Distancia de Madrid (UDIMA). L’articolo si propone di valutare le competenze statistiche di partenza degli studenti universitari della Laurea in Scienze del lavoro, relazioni di lavoro e risorse umane della UDIMA, dove si insegna Statistica attraverso una metodologia on-line. A tal fine, le autrici hanno provato a misurare il livello delle competenze di base degli studenti nel momento in cui iniziano il corso, utilizzando un pre-test. Per preparare il pre-test si è fatto ricorso allo Statistics Concept Inventory (SIC), questionario con domande a risposta multipla che valuta la comprensione dei concetti statistici di base. La scelta delle domande avviene in coerenza sia con il curriculum degli studenti che con il contenuto della materia oggetto di studio. L’elaborazione di tale questionario consente di prendere atto delle conoscenze pregresse degli studenti allo scopo di progettare esperienze educative che permettano di migliorare la comprensione dei concetti statistici. Il quarto studio, recante il titolo Una experiencia de e-learning en Ge-stión del Conocimiento, è stato realizzato da María Aurora Martínez Rey, docente della Universidad a Distancia de Madrid (UDIMA). Og-getto della Gestione della Conoscenza (GC) è informare, in maniera puntuale e organizzata, un gruppo di persone con diverse metodologie, combinando le loro conoscenze di base con quelle di chi abbia una spe-cializzazione nella data materia. Trattasi di una disciplina indispensabile in qualunque attività che abbia relazione con la condivisione e elaborazione dell’informazione, e l’ambito delle Scienze del Lavoro e Risorse Umane ne è un esempio emblematico. Nell’articolo l’autrice espone l’esperienza docente in modalità e-learning dell’insegnamento Gestio-ne della Conoscenza nell’ambito del corso di laurea di Scienze del La-voro e Risorse Umane della Universidad a Distancia de Madrid. Il quinto studio, dal titolo El Aprendizaje Colaborativo online en la Enseñanza de Psicología, è stato preparato da Richard Mababu Mukiur, docente della Universidad a Distancia de Madrid (UDIMA). L’articolo descrive l’esperienza di apprendimento collaborativo online realizzata tra studenti che si trovano in aree geografiche lontane fra loro. Di conseguenza, vengono affrontate tutte le fasi dell’esperienza, dall’implementazione, all’organizzazione dei gruppi volti a realizzare gli obiettivi formativi, sino ai principali risultati raggiunti. Gli studenti che sono stati presi a riferimento sono iscritti al corso di laurea in psi-cologia del lavoro, e il principale compito loro assegnato consisteva nella realizzazione in gruppo di un’analisi e descrizione di un posto di lavoro, utilizzando la piattaforma collaborativa online Google Drive. Al termine del lavoro, gli studenti sono stati invitati a rispondere ad un questionario, e dalle 326 risposte ottenute è emerso un elevato livello di soddisfazione da parte degli stessi con riferimento all’utilizzo di tale piattaforma per la realizzazione di lavori di gruppo e per l’apprendimento collaborativo online, posto che la maggioranza di loro vorrebbe utilizzare ancora tale strumento e lo consiglierebbe ad altri. È emersa, altresì, consapevolezza circa i parametri di interazione neces-sari per svolgere questo tipo di lavori collaborativi online, quali ad esempio, prefiggersi obiettivi comuni, saper comunicare con gli altri, avere reciproco rispetto, così come un sereno ambiente di lavoro, un dialogo costruttivo tra i membri, senso di responsabilità, leadership, ecc. Il sesto studio, dal titolo El aula activa en la enseñanza del Derecho Privado, è stato realizzato da Esther Alba Ferré, docente della Universidad Europea de Madrid. Secondo l’autrice, l’obiettivo dell’insegnante è quello di rendere attiva la didattica nell’insegnamento del diritto privato e del diritto in generale mediante strumenti organizzativi, metodologie attive (quali la tecnica “puzzle”, lo studio dei casi di specie, l’apprendimento basato sull’analisi dei problemi o il cosiddetto flipped classroom), nonché strategie educative che consentano di favorire la concentrazione e motivazione dell’alunno, basate sull’apprendimento autonomo ed esperienziale. A parere dell’autrice, è dall’Università che dovranno essere valutate e sviluppate le competenze richieste dal mondo del lavoro; a tal fine, sarà compito del docente svolgere quelle attività in grado di promuovere le competenze di un avvocato nell’aula di un tribunale (quali ad esempio la capacità di sintesi mediante mappe concettuali, la comunicazione scritta attraverso il portfolio o un rapporto, o la creatività nella realizza-zione di un poster). Il feedback da parte dell’alunno sarà infine considerato la chiave per il docente per valutare il proprio metodo didattico, e a tal fine verranno utilizzati strumenti quali il diario di bordo, domande aperte o lavori di gruppo che diano conto del livello di apprendimento da parte degli alunni e del loro grado di soddisfazione nei confronti del-la cosiddetta “aula attiva”. Il settimo studio reca il titolo La Universidad Central de Chile y el «Proyecto 1+1», como modelo para la formación de competencias pro-fesionales y de vinculación con el medio empresarial, e vede come au-tore Osvaldo Javier Segovia Zúñiga, docente della Universidad Central de Chile. Il Progetto 1+1, quale espressione del metodo “imparare facendo”, consiste nel fornire assistenza tecnica e formazione in ambito amministrativo, finanziario, commerciale e contabile ad un gruppo di microimprenditori da parte di un gruppo di studenti della Facoltà di scienze economiche e amministrative della Universidad Central de Chile. L’importanza dell’avvio di tale progetto risiede nel fatto che il modello pedagogico applicato (approccio per competenze), enfatizzando una prassi educativa incentrata sull’imparare facendo, favorisce lo sviluppo integrale dello studente preparandolo in maniera efficace per il suo futuro lavorativo. Il progetto acquisisce un rilievo ancor maggiore se si considera che le PMI, dalle quali in Cile deriva oltre l’80% dell’occupazione e più del 30% del PIL nazionale, risultano spesso incapaci di conoscere e rispet-tare le normative vigenti e le esigenze di un mondo globalizzato, ren-dendo così di fondamentale utilità il compito di trasferire conoscenze che si traducano in una migliore gestione delle stesse, oltre a rappresentare un modo di avvicinamento dell’università all’impresa. L’ottavo studio, dal titolo Le cliniche legali: uno strumento di didattica “innovativa” e un terreno di riflessione sul ruolo del giurista, è stato realizzato da Elisabetta Bani, Professore Associato di Diritto dell’economia presso il Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Bergamo. Nell’articolo si illustra un’esperienza di didattica, inquadrabile nella modalità clinico legale. Il caso offre lo spunto per fare il punto della situazione sull’affermazione della modalità clini-co-legale in Italia e per suggerire un utilizzo di questo strumento forma-tivo a fini culturali, più che professionali, perché solo attraverso una preparazione trasversale e critica il giurista può continuare ad avere un ruolo. Il nono articolo, dal titolo Dottorati c.d. pratici e università del XXI secolo, è stato elaborato da Tim Blackman, Vicerettore della Middlesex University. Il contributo espone le ragioni secondo le quali, lungi dall’essere un sottoprodotto o un parente, neanche troppo gradito, del tradizionale dottorato di ricerca accademico, il dottorato c.d. pratico incarna un modello di istruzione superiore coerente con le sfide del XXI secolo poiché centrato su un sapere contestualizzato, strettamente connesso all’uso applicato che se ne fa e sul pensiero progettuale. Nell’attuale scenario economico, dove l’elemento distintivo non è già più la conoscenza di per sé, bensì la creatività, è importante saper rielaborare la conoscenza prodotta per creare nuovi scenari futuri e risolvere problemi complessi. Le università e la formazione superiore devono quindi entrare nel XXI secolo facendo leva su dialogo costante tra idee e azione, una strada che invero non sembrerebbe agilmente percorribile in ragione della presente separazione tra ricerca e pratica che costituisce un elemento distintivo del modello universitario dominante. Il decimo ed ultimo studio, dal titolo I dottorati c.d. pratici: la prospet-tiva dei datori di lavoro, è stato realizzato da Michele Tiraboschi, docente di diritto del lavoro presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. Servendosi del metodo delle 5Ws e 1H, l’autore legge il fenomeno dei dottorati c.d. pratici attraverso il prisma della recente evoluzione dei mercati del lavoro e dei processi produttivi che vedono nel lavoro di ricerca non accademico uno dei profili professionali emergenti e più rilevanti. Le chiavi di lettura offerte dall’autore chiariscono un fraintendimento, un equivoco concettuale che forse ha accompagnato il fenomeno fin dalla sua nascita e successiva analisi da parte della comunità scientifica, e cioè la apparente dicotomia tra ricerca accademica e ricerca non accademica: pure con tutte le differenze che contraddistinguono i dottorati industriali (o professionali o pratici, innovativi in generale) dai tradizionali percorsi di dottorato (come la natura -privata- dei finanziamenti, i contesti dell’apprendimento e della esecuzione della ricerca, gli obiettivi concreti del progetto di tesi), i primi restano comunque perfetta-mente identici a quelli tradizionali nella loro finalità che è quella di fornire un contributo originale all’avanzamento della conoscenza su un determinato tema o in un determinato settore disciplinare. Detto in altri termini, lo studio risponde alle seguenti domande: chi? cosa? quando? perché? come? Come emerge da questa introduzione, il n. 4/2018 di Professionalità studi risulta assai ricco di contenuti tanto interdisciplinari – toccando tematiche afferenti a diverse discipline, quali il diritto, la psicologia del lavoro, la statistica, tra le atre – quanto comparati, data la partecipazio-ne di autori provenienti da vari paesi (Spagna, Italia, Regno Unito e Cile). Di notevole interesse le conclusioni, proposte e raccomandazioni cui si è giunti. In quanto coordinatore di questo numero, non mi rimane che ringraziare tutti gli autori che hanno fornito il proprio contributo in maniera coerente con la tematica proposta. Allo stesso modo ci tengo a ringraziare la direzione di Professionalità studi (Prof. Giuseppe Bertagna, Ordinario di Pedagogia generale e sociale, Università di Bergamo; Prof. Michele Tiraboschi, Ordinario di Diritto del lavoro, Università di Modena e Reggio Emilia e Prof. Giuseppe Scaratti, Ordinario di Psicologia del lavoro, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano) per aver accettato di dedicare un numero al tema da me suggerito, nonché Lavinia Serrani, responsabile dell’area internazionale e Lilli Casano, redattore capo della rivista per il loro lavoro organizzativo.