La formazione giuridica: nuovi paradigmi pedagogici e sociali (31 agosto 2022)

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Le profonde trasformazioni economiche e sociali che hanno caratterizzato gli ultimi decenni hanno fatto breccia anche in un territorio tradizionalista e tendenzialmente conservatore come quello della formazione giuridica. In questo contesto, due dinamiche sembrano caratterizzare le più recenti evoluzioni della formazione giuridica: da un lato, una sempre più rilevante spinta verso l’insegnamento di saperi tecnico-funzionali (Irti, 2010) propedeutici a processi di specializzazione del giurista; dall’altro, l’accesso della formazione giuridica e dell’insegnamento del diritto in territori altri, frutto di una progressiva ibridazione dei saperi propria di una società complessa.

Entrambe le dinamiche hanno implicazioni di rilievo sia dal punto di vista dell’offerta formativa sia dal punto di vista della didattica.

Rispetto all’offerta formativa, i profili riguardano tanto struttura e contenuti dei corsi universitari (entro e al di fuori dei dipartimenti di giurisprudenza) che deve tener conto anche della dimensione sempre più transnazionale dell’agire giuridico e di strutture economico-sociali interconnesse, quanto l’offerta formativa post-laurea (master e scuole di specializzazione), i tirocini e i percorsi di praticantato per l’esercizio di alcune professioni (non solo quelle forensi, ma anche attività di consulenza), le specializzazioni forensi e le relative esigenze formative, la formazione continua dei giuristi. Un complesso mosaico formatosi in parte in maniera alluvionale e che sollecita riflessioni di carattere sistematico rispetto all’interazione tra i diversi soggetti e livelli di erogazione e formazione del sapere giuridico.

Sul fronte didattico, poi, è evidente che le istanze di specializzazione e quelle di ibridazione e contaminazione dei saperi richiedano nuove strategie di insegnamento delle materie giuridiche. Se è innegabile che, almeno in tempi recenti, anche nel nostro Paese si sono diffusi tentativi di gettare ponti tra la teoria e la pratica, soprattutto attraverso l’analisi della casistica giurisprudenziale, ciò è avvenuto senza che si mettesse in discussione il tradizionale approccio didattico all’insegnamento del diritto.

Pur a fronte della consapevolezza della necessità di calare i processi di apprendimento nella realtà, cioè, gli sforzi in questa direzione non hanno portato, ad oggi, ad una riflessione su ampia scala sulle strategie pedagogiche e sugli strumenti e i metodi di apprendimento da promuovere per innovare la formazione dei giuristi. Eppure già dagli anni venti del secolo scorso si sono alzate autorevoli voci (Piero CalamandreiOpere Giuridiche -volume II “Magistratura, avvocatura, studio e insegnamento del diritto) a sostenere la necessità di riconoscere il rapporto “vivo” fra processo e diritto, e tra diritto e società (le dottrine giuridiche non hanno validità in sé ma in quanto adeguatamente riflettano e reagiscano ad un dato momento della evoluzione delle idee, della cultura, delle esigenze pratiche e morali dell’uomo e della civiltà).

La presente call for papers intende raccogliere contributi che affrontino il tema della ricerca di nuovi paradigmi pedagogici e sociali per la formazione giuridica, tanto sul piano teorico, quanto attraverso indagini su casi e sperimentazioni, anche in una prospettiva comparativa con esperienze di altri Paesi.

Tempistica e indicazioni per la redazione dei contributi

I contributi, in lingua italiana, inglese, spagnola o francese, redatti in forma di saggio per un minimo di 20000 ed un massimo di 60000 battute (spazi e note inclusi) dovranno pervenire alla redazione della rivista entro il 31 agosto all’indirizzo: professionalitastudi@edizionistudium.it. Saranno valutati con un processo di peer reviewing in modalità double blind. Le valutazioni saranno comunicate agli autori. I contributi dovranno essere redatti nel format della rivista e accompagnati da abstract (massimo 1000 battute, spazi inclusi) in italiano e in inglese. Le norme redazionali e i format per la redazione dei contributi sono disponibili al sito https://moodle.adaptland.it/mod/folder/view.php?id=21338

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La formazione iniziale degli insegnanti in Italia negli ultimi trent’anni (31 ottobre 2022)

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Fine degli anni novanta del secolo scorso: la riforma della formazione iniziale dei docenti targata dal ministro Berlinguer. Inizio del nuovo millennio: la riforma del ministro Moratti (art. 5 della legge n. 53, con il suo specifico decreto attuativo sul tema). 2015: la riforma della cosiddetta “Buona scuola” del governo Renzi. 2022: l’occasione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza e il disegno di legge n. 2398 concernente la conversione in legge del decreto-legge 30 aprile 2022, n. 36 che prevede l’acquisizione dell'abilitazione durante i percorsi di laurea.
Quattro impostazioni sulla formazione iniziale dei docenti differenti nelle cause, nell’impianto e negli scopi, anche quando richiamano certi provvedimenti analoghi.Quattro impostazioni che sono comunque riuscite a passare dal dibattito politico e pedagogico agli ordinamenti. L’ultima sopravviverà? Che cos’è che mantiene delle precedenti? Niente? Tanto: ma in questo caso dove, perché, come? Quali sono le ragioni per cui le precedenti sono state tutte o inattuate o ritrattate o comunque dimidiate? Solo questione di ideologie (o di interessi) politico-sindacali o esistono anche motivazioni epistemologiche, pedagogiche, metodologiche, istituzionali (il ruolo della scuola) che vanno prese in considerazione? In questo caso, quali hanno avuto un peso maggiore, e perché? Che bilancio si può fare in tema di formazione iniziale dei docenti sul piano di una comparazione internazionale? Che cosa può insegnare l’esperienza altrui ai nostri decisori politici? A quali condizioni, d’altra parte, l’ultima soluzione potrà essere davvero di qualità culturale e pedagogica, riuscirà a favorire i giovani ad entrare nella scuola ancora tali e, soprattutto, con competenze professionali in grado di migliorare gli apprendimenti degli studenti? 

Il presente numero della rivista vuole raccogliere contributi che provino a rispondere a questi interrogativi. Particolarmente incoraggiato è, in questa prospettiva, anche l’invio di proposte di contributo contenenti comparazioni internazionali, best practices e studi quali/quantitativi che possono lumeggiare le problematicità di questa vicenda che si spera possa avviarsi al suo epilogo.

Tempistica e indicazioni per la redazione dei contributi

I contributi, in lingua italiana, inglese, spagnola o francese, redatti in forma di saggio per un minimo di 20000 ed un massimo di 60000 battute (spazi e note inclusi) dovranno pervenire alla redazione della rivista entro il 31 ottobre all’indirizzo: professionalitastudi@edizionistudium.it. Saranno valutati con un processo di peer reviewingin modalità double blind. Le valutazioni saranno comunicate agli autori. I contributi dovranno essere redatti nel format della rivista e accompagnati da abstract (massimo 1000 battute, spazi inclusi) in italiano e in inglese. Le norme redazionali e i format per la redazione dei contributi sono disponibili al sito https://moodle.adaptland.it/mod/folder/view.php?id=21338

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Perché e come una carriera per i docenti e perché non la si è mai voluta? (30 NOVEMBRE 2022)

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I docenti italiani non hanno una carriera: hanno solo scatti di anzianità. Eppure, negli ultimi trent’anni, non sono mancati i tentativi di introdurre una “carriera” per i docenti.
Nella legislatura 2001-2006, sono state addirittura approvate norme che profilavano, per la prima volta, una carriera intesa come articolazione dell’unica funzione docente.
Perché questi tentativi sono tutti falliti? Perché, da noi, anche il docente di sostegno non costituisce uno sviluppo di carriera, ma la sua professionalità resta, come quella degli altri, riconosciuta soltanto con gli scatti di anzianità? Perché anche loccasione del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza non è stata colta per intervenire su questo tema, ma si continuano a collegare gli aumenti di stipendio degli insegnanti soltanto (anche se, in realtà, già questo, per il nostro paese, non è poco) alla frequenza di una formazione obbligatoria organizzata dalla costituenda Scuola di Alta Formazione?
Il presente numero della rivista vuole raccogliere contributi che provino a rispondere a questi interrogativi da prospettive disciplinari diverse (di sociologia generale e dellorganizzazione, di diritto pubblico, amministrativo e del lavoro, di scienze politiche e sindacali, di psicologia delle organizzazione, di antropologia culturale, di pedagogia e di didattica) oppure intenzionalmente interdisciplinari. Allo stesso tempo, saranno apprezzati saggi che argomenteranno ed esemplificheranno ipotesi concrete di possibile organizzazione di una carriera nella funzione docente.
Incoraggiato è anche l’invio di proposte di contributo contenenti comparazioni internazionali, best practices e studi quali/quantitativi che possono lumeggiare le problematicità di questa vicenda e spiegarne le analogie e le differenze rispetto a quella vigente in altri paesi del mondo.

Tempistica e indicazioni per la redazione dei contributi

I contributi, in lingua italiana, inglese, spagnola o francese, redatti in forma di saggio per un minimo di 20000 ed un massimo di 60000 battute (spazi e note inclusi) dovranno pervenire alla redazione della rivista entro il 30 novembre all’indirizzo: professionalitastudi@edizionistudium.it. Saranno valutati con un processo di peer reviewing in modalità double blind. Le valutazioni saranno comunicate agli autori. I contributi dovranno essere redatti nel format della rivista e accompagnati da abstract (massimo 1000 battute, spazi inclusi) in italiano e in inglese. Le norme redazionali e i format per la redazione dei contributi sono disponibili al sito https://moodle.adaptland.it/mod/folder/view.php?id=21338
Ultime modifiche: venerdì, 17 giugno 2022, 13:26